La maestra mi affidò il copione:
“Vestirai i panni di una giornalista e intervisterai i tuoi compagni di classe”.
Dal palco della scuola elementare di via G. Elia andò in scena la mia prima “diretta”,
la puntata zero de “La figlia di Piero Angela”, un viaggio nei meandri della
lingua italiana, colorito dalle esilaranti incursioni dialettali degli "opinionisti".
Indossavo una giacca beige e la
classica gonna plissettata in voga negli anni ‘90. Ombretto blu elettrico in
pendant con la gonnella e orecchini floreali lontani anni luce dai canoni della
sobrietà. Imperdonabile scelta della stylist di fiducia, mia madre.
Era tutto scritto, segnato a
caratteri cubitali nei registri della V C. Destino ineluttabile.
15 anni dopo, al fianco dello
stakanovista dal cuore d’oro Santo Frisella, avrei registrato una sequela di
puntate nei panni della figlia di Piero Angela. Titolo della trasmissione: “LE
MAGIE DEL SALENTO”, curata da Belen Rarez e condotta da cinque giornaliste alle
prese con la storia, la musica popolare, l’archeologia e la gastronomia locale.
“Ecco alle mie spalle la montagna
del diavolo, un luogo avvolto dalle suggestioni di misteriose leggende”…
“Santo, ti prego, rallenta…
stiamo andando a 180!”
“Tranquilla, è tutto sotto
controllo. Devo fare in fretta, altrimenti non riuscirò a girare i prossimi
servizi. Alle 14 ho appuntamento a Carovigno e alle 17 a Leuca.”
“Si, ho capito, ma non voglio
rimetterci la pelle, intesi?”
E così, puntualmente, accennava
una frenata per poi ripartire più veloce di prima.
Io, Santo e la telecamera, a
spasso per il Salento, sotto il sole di luglio o sotto il gelo di febbraio,
sulle tracce di immagini sacre, di racconti e raccolti della terra, tra
contadini dalle mani ruvide e musicisti pizzicati dalla taranta.
“Sei così chiccosa” commentava la
Rarez dopo la messa in onda delle puntate, quelle poche volte in cui non
piovevano i rimproveri del Grande Capo.
Nella notte dei desideri avrei finalmente accantonato per qualche ora le folli corse, le estenuanti giornate lavorative e
le stroncature via sms. Avrei osservato lacrime luminose cadere dal cielo.
Salvo imprevisti.
E l’imprevisto, sovente, piomba
sulla scrivania con la velocità di un asteroide, quando meno te l’aspetti.
“Luana è in ospedale, dovrai
sostituirla nella diretta di Oria”. La fumosa Oria, città medievale che ogni
anno a Ferragosto ospita il torneo dei rioni… sfida cavalleresca finalizzata
alla conquista del palio e preceduta, a San Lorenzo, dal corteo storico che
rievoca i fasti di Federico II.
In un modo o nell’altro, è sempre
colpa di Federico II. A nulla valsero le mie suppliche. Trascorsi la notte del
10 agosto tra la folla in delirio per due fantocci reali a cavallo, pescati
dalle melodrammatiche fiction del Biscione. Dopo Walter Nudo, reduce dalla
vittoria sull’Isola dei Famosi (già celebre per aver interpretato il ruolo di
Cupido ai tempi di “Colpo di fulmine”), quell’anno fu il turno di un attore
dagli occhi cerulei, di cui francamente non ricordo il nome.
Nella mia testolina scorrevano le
immagini di falò e grigliate in riva al mare, di romantici bagni notturni,
mentre accanto alla regia mobile sfilavano animali esotici d’ogni genere:
elefanti, pappagalli e pitoni gialli, senza dimenticare dame agghindate dalla
testa ai piedi, fachiri e giullari di corte.
Fu una notte senza stelle
cadenti, costrette a spegnersi sul nascere. Fu così che i desideri più
reconditi naufragarono tra la fiumana di gente che aveva invaso i vicoli di
Oria, condannandomi ad un San Lorenzo senza la melodia delle onde sulla
battigia, amaramente sostituita dal frastuono di trombe medievali.
mitica cantastorie, sei fantastica
RispondiEliminaGrazie Sandrino, fiera di essere stata tua compagna d'avventure :*
RispondiElimina