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mercoledì 18 giugno 2014

VENGO DOPO IL TG

«Attenzione, in onda!». Il mio viso sbucò sui piccoli schermi del “Grande Salento” in piena pausa pranzo. Il termometro segnava 35 gradi. La regia era bollente. Tasso di umidità: 80%. Il duello tra il climatizzatore e le luci dello studio fu all’ultimo sangue. Vinse la potenza dei fari puntati sul mio mezzobusto.
«Buongiorno, gentili telespettatori. Apriamo il telegiornale con una notizia di cronaca…»
L’esordio live da anchor-woman arrivò dopo una serie di tg registrati nel mese di luglio, bypassati dal giudizio del direttore e dai consigli dei telespettatori (una platea variegata composta da colleghi, famigliari, amici e vicini di casa): braccia meno rigide - ombretto meno carico - sorridi di più - sei troppo seria. «Perbacco, Aldo Grasso sarebbe stato meno critico!».
Tuttavia superai l’esame. «Sarai il nuovo volto di Telesette» si complimentò il mio capo. D’altronde qualcuno avrebbe dovuto sostituire la collega in maternità. Quel qualcuno ero io. Trascorsi l’estate conducendo telegiornali nella redazione di Brindisi, soffocata dall’obbligo della giacca, ritenuta obsoleta persino in Rai. Sotto il bancone, gonna di lino e sandali.
Di lì a poco avrei avuto un’ulteriore possibilità, camuffata da promozione. «Il Presidente ti vuole al tg delle 23» annunciò solennemente la segretaria. Vale a dire tg interprovinciale, che racchiude le principali notizie di Lecce, Brindisi e Taranto, trasmesso dalla sede centrale, un moderno edificio costruito pochi anni prima nel centro storico del capoluogo barocco. 
Consultai frettolosamente l’orologio: erano le 18 dell’ultimo sabato d’agosto. La data che sul calendario coincide con il clou dei festeggiamenti dei Santi Giusto, Oronzo e Fortunato. Otto volante e fuochi d’artificio. «A mezzanotte potrò raggiungere il resto della ciurma» pensai. Accetto!
Il tranello si rivelò in tutta la sua meschinità nelle ore successive. Il tg sarebbe andato in onda al termine di una lunga diretta dedicata al bel canto. “Magliano ti amo” (questo il titolo della kermesse lirica) determinò un fuso orario di circa due ore sui miei programmi. Senza alcun preavviso. L’ansia cresceva minuto dopo minuto, insieme alla rabbia scaturita dall’inganno. All’1.35 la sigla mi accompagnò verso il primo telegiornale notturno, con picchi di auditel che, considerato l’orario, la stagione, e lo spettacolo pirotecnico in onore dei santi patroni, sfioravano il 5%.

«Con la conduzione del tg sei in una botte di ferro» ripeteva Giulio, con aria rassicurante. Era il mio compagno di sventure professionali, di andate e ritorni da Lecce a Brindisi. Telecamera in spalla e spirito di servizio, mai sfociato però nel coraggio del reporter d’assalto. Per questo si guadagnò l’appellativo di “Cuor di leone”, nella fattispecie quando, pizzicato da un losco figuro durante le riprese della scena del crimine, addossò la colpa alla giornalista che lo affiancava. «Che ci fai qui?  getta la telecamera» urlò l’incredibile Hulk. «Ho solo eseguito i suoi ordini» replicò intimorito Giulio, puntando il dito contro la collega mentre sgattaiolava in macchina pronto a fuggire dal peggiore dei suoi incubi. Tornarono in redazione intatti, senza nemmeno un graffio. «Mai più, mai più, io sono un regista» cantilenava Giulio.  
A differenza del temerario Commissario Locisto, Cuor di Leone preferiva stare alla larga da situazioni pericolose e potenzialmente dolorose. La sua vita era di per sé movimentata, a causa delle vicissitudini amorose che lo portavano non di rado su curve insidiose. Nel confessionale a quattro ruote, Giulio si confidava e chiedeva consigli. In alcune occasioni riuscivo a confezionare risposte sensate, rapite dal vento, altre volte rimanevo in silenzio mentre si sfogava con lunghi assoli esistenziali. “Giuliò, c’est la vie” chiosavo in francese, prima di esplodere in una fragorosa risata.
Il francese e il dialetto salentino servivano ad ammazzare i tempi morti imposti dai tragitti lavorativi e ad esorcizzare i malesseri interiori. I dialoghi improvvisati en français si alternavano alle canzoni di Biagio Antonacci reintepretate in vernacolo. Strategie di sopravvivenza, che hanno cementato una sincera amicizia.


Il mondo della televisione è popolato da singolari personaggi. E’ come vivere nei panni di Alice nel Paese delle Meraviglie. Il Bianconiglio, nel mio universo mediatico, era rappresentato da “Lepre”, l’operatore televisivo più “rapido” del mondo. Calma e lentezza le sue doti principali, insieme al senso di protezione che solo un buon padre riesce a trasmettere. Piansi il giorno in cui andò via. Per lui si chiusero le porte della televisione e si aprirono quelle dell’azienda di famiglia. Più grate e sicure. 
Piansi poche ore prima, il giorno in cui il “Buon Manina” ci lasciò per sempre, una notte di settembre, dopo un tragico incidente stradale.

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