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giovedì 22 maggio 2014

ESILIATA A BRINDISI, “BENVENUTA POPPITA”


Sbarcai a “Marlboro city” una mattina di marzo, a bordo di un Maserati grigio metallizzato,
pilotato dal direttore del tg, giovane talentuoso che, di lì a poco,  sarebbe approdato alla corte di Bruno Vespa. Sfrecciammo sulla Lecce-Brindisi, tra chicane e rettilinei,  alla velocità di 200 km orari, senza neppure un pit-stop, con il sottofondo del mio cuore che galoppava dalla paura di rimanerci secchi.
Nonostante la folle corsa, arrivammo sani e salvi nel capoluogo messapico, che ebbi modo di conoscere anni prima attraverso sporadiche incursioni turistiche, rese possibili dalle potenti locomotive di Trenitalia. Presi l’ascensore che mi condusse al quarto piano: la redazione di Brindisi era la miniatura della sede centrale. Stessi colori, stessa architettura dello studio televisivo, ma in scala ridotta. Mi feci il segno della croce e strinsi la mano ai miei nuovi compagni d’avventura: avremmo lavorato gomito a gomito per quattro anni, nella buona e nella cattiva sorte.
Mi accolsero apostrofandomi nel modo in cui tutti i brindisini fanno con i leccesi: “pòppita”. Colpevole di essere cresciuta post-oppidum, vale a dire oltre il confine segnato dalle mura della città. Un termine dispregiativo, usato per identificare i forestieri provenienti dal Sud del Sud, considerati incivili e campagnoli. La pòppita, 25enne e dal sangue giallorosso, con un recente passato da stagista, era stata  appena “promossa” ad aspirante giornalista televisiva. Sgobba, ragazzina, sgobba!
I colleghi brindisini, loro malgrado, impararono a convivere con la pischella di Trepuzzi, ridente cittadina dell’hinterland leccese. Dal canto mio, pur di uscire indenne dalle fauci di Filia Solis, l’amata terra di Federico II, fui costretta a mascherare il mio accento salentino, almeno per i primi mesi. Bandite le seguenti vocali: “e-u”, ero a Brindisi,  l’area geografica in cui tutte le parole finiscono per i. Marammei
Optai per un italiano senza inflessioni di alcun tipo, quello che, per lo stupore di tutti, sfoggiavo con una scioltezza di plastica durante i tg confezionati perennemente con l’acqua alla gola, in barba alle insidie della concorrenza, in barba all’assenza di fogli A4, agli infarti improvvisi di stampante e pc, agli stati febbrili di registi e cameraman, e all’esaurimento (nervoso) dell’inchiostro. 
Prima regola della tv: c’è sempre un imprevisto prima di andare in onda. Il nostro pane era la frenesia, abituati a correre da una parte all’altra. Io in primis, la “piccenna”, come venni ribattezzata affettuosamente dalle giunoniche Lucie, caporedattrice e vice, con un decolleté in grado di sotterrare l’autostima di qualsiasi donna nata con la seconda, scarsa. Nella redazione ero il jolly, l’ultima arrivata, e quindi l’arancia da spremere fino all’ultimo atomo di polpa. Ero la ragazza delle emergenze, delle notizie da ultima pagina, o se serviva da apertura, quella da mandare in giro per le interviste tra il serio e il faceto lungo Corso Umberto. E’ il bello della gavetta, signori! Nei limiti della decenza e della moralità, si è disposti a tutto pur di ritagliarsi un posticino in ambito professionale. 
Ma c’è di più: sono stata persino il tom-tom personale di Piero C., leggenda vivente delle riprese televisive in diagonale, il cameraman che non seppe mai individuare la posizione del municipio di Brindisi, né distinguere Lucia Senior da Lucia Junior, colui che si alzò in piena notte (nella leggendaria casa di Monteroni) trascinando il figlio con sé per recarsi a lavoro per il turno delle 18-23. Ritrovò il senno e la cognizione temporale quand’era troppo tardi, in prossimità dello svincolo per Torchiarolo
Piero ha sempre avuto un “fiuto particolare” per i casi di cronaca nera: tra una sigaretta e l’altra discettava amabilmente di omicidi e rapine, indossando i panni dell’infallibile “commissario Locisto”. Dopo il ritrovamento del cadavere della povera Sarah Scazzi, ci stupì con una personalissima ricostruzione del delitto di Avetrana, ricostruzione che riuscì a far impallidire le 8 versioni di Michele Misseri.
Piero è sempre stato dentro la notizia, cavalcando l’onda dell’attualità da prima pagina, con il piglio da operatore cinico e “poco attento” ai dispiaceri generati dalla cronaca nera. La tv, per Piero, è come un campo di battaglia, da vivere in prima linea. Poche lacrime e molto coraggio. Con una conseguente comicità sulla platea dei colleghi, che tuttora ne narrano le eroiche gesta.

Nel rutilante mondo dell’informazione, il palinsesto ha inizio con il rituale della rassegna stampa, una tortura inflitta al sonnecchiante Morfeo un paio di volte a settimana. Il che significava sveglia alle 5.45 e di corsa in macchina, alle prime luci dell’alba. Quindi l’incontro con il giornalaio (lo spacciatore dei quotidiani - da sottolineare muniti di evidenziatore) che si ostinava a salutarci con nomignoli dalla spiccata derivazione televisiva: Telerumba, Telerambo, Teleroma, etc. Non era forse sufficiente il celebre “Teletrama”, coniato dalla simpatica canaglia di Nichi? Evidentemente no. L’edicolante si divertiva a storpiare il nome di Telerama, provava un sottile piacere nel vederci al suo cospetto, già stanchi alle 6.30 del mattino, o alle 9 di una domenica qualunque, giorno deputato al riposo. Degli altri.

Al termine della rassegna e del collegamento con Lecce, la cronaca cittadina si consumava tra piazza Cairoli e il Lungomare Regina Margherita, saltando da un consiglio comunale a un convegno in Confindustria, passando per la conferenza organizzata dal sindacalista del piano di sopra. All’ordine del giorno non mancavano le battaglie ambientaliste e le baruffe politiche, qualche rapina sfociata in sparatoria, e le gloriose imprese della squadra di basket. 
Brindisi, città affascinante e ricca di contraddizioni, riflessa nell’azzurro del mare, osservava in silenzio, in cima alla colonna della Scalinata Virgiliana.

Dedicato a Lucia & Lucia, Sonia, Antonio, Cristina, Salvatore & Salvatore, Giovanni, Michele, Luigi, Marco, Piero, Vincenzo.



1 commento:

  1. Adesso capisco come mai ti preoccupavi tanto quando accelleravo a "soli" 120 orari! Comunque, sei fantastica. Scrivi ancora meglio di quanto conoscevo. Questo blog me lo devo seguire...

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